La storia di Martina

Sono passati già quasi quattro mesi da quando la nostra vita ha ricominciato ad avere
un senso e ancora non riesco a credere a quanto siamo stati fortunati.
Martina è nata il 4 luglio 2011 dopo un parto un po’ burrascoso. I primi anni scorrono
sereni: mangia con appetito, ha ottime proprietà di linguaggio e lo sviluppo motorio è
in regola con le tabelle di marcia. Cammina a 13 mesi ed è una bimba serena e piena
di vita, forse prudente, questo sì, l’abbiamo sempre notato: lei al parco ha sempre
chiesto aiuto a salire e scendere sui giochi. Non le è mai piaciuto correre a perdifiato,
preferiva camminare e prediligeva i giochi da ferma.
Verso i 2 anni la nonna materna nota come spesso cammini sulle punte, ma sembra
quasi un gioco perché appena glielo fai notare riprende ad appoggiare il tallone.
A 3 anni, visto che l’atteggiamento rimane, anzi aumenta, chiediamo consiglio alla
pediatra che ci indirizza da una fisiatra che le prescrive plantari per “piede piatto”,
dopo una visita a dir poco superficiale.
Terminato il primo anno della Scuola dell’Infanzia, la maestra ci fa notare che il suo
sviluppo motorio è indietro rispetto a quello dei suoi coetanei. Dopo alcune indagini,
presso il reparto di ortopedia pediatrica dell’ospedale civile di Brescia viene riscontrato
un accorciamento dei tendini d’Achille e dei muscoli del polpaccio. Ci viene consigliato
in prima istanza di intervenire con la fisioterapia e, qualora non risolvessimo, di
iniettarle tossina botulinica per distendere e rilassare la muscolatura oppure, in ultima
ipotesi, tre cicli di gesso da 10 giorni l’uno per tenere i piedi in posizione.
La iscriviamo a un corso di psicomotricità con bimbi della sua età e palesemente si
nota che gli esercizi che fanno non sono alla sua portata. Otteniamo un rifiuto
categorico all’attività e al contatto motorio con gli altri bimbi.
Nel frattempo, iniziamo sedute di fisioterapia anche con l’applicazione dei taping (i
cerottini per distendere la muscolatura) che le portano a un leggero miglioramento,
tanto è vero che alla visita di fine ciclo la fisiatra ci fa terminare le sedute e ci invita
farle fare esperienza motoria (” la porti al parco giochi e le faccia sbucciare le ginocchia
come tutti i bambini”). Siamo in pieno inverno e le poche volte che proviamo andare
al parco o in posti dove può camminare o correre si stanca subito e spesso cade.
Ritorniamo quindi a fare fisioterapia però a pagamento (non vogliamo contraddire il
giudizio della fisiatra) e purtroppo non riusciamo a garantirle una cadenza
bisettimanale -a volte nemmeno settimanale; ci trasciniamo una bambina che perde
piano piano la forza e la voglia di fare e di giocare perché ogni volta che ci prova,
cade.
A maggio 2016, in mezzo a tutte queste vicissitudini, nasce il fratellino che porta una
ventata di novità in famiglia scombussolando gli equilibri che si erano creati fino ad
allora.
La situazione motoria di Martina non migliora e il pediatra ci consiglia quindi di
sottoporla a una visita neuropsichiatrica. Lo specialista che la prende in carico inizia
la sua osservazione, dalla quale si evince un’intelligenza brillante (quoziente
intellettivo 137) e un lieve ritardo motorio. Quindi “state attenti a come interagite con
lei, non sgridatela, non biasimatela, non fate finta di niente, non ingigantite il
problema”. Nemmeno noi sappiamo come fare quando cade: l’unica cosa che
riusciamo a fare è innervosirci e sgridarla, con tanto di sensi di colpa annessi.
Notiamo che la sua camminata peggiora il pomeriggio e la sera per poi tornare per
così dire “normale” la mattina seguente. Ci consigliano anche la risonanza magnetica
all’encefalo per escludere danni di sofferenza perinatale considerato il parto faticoso
e la clinica.
Nell’attesa dalla risonanza magnetica, andiamo al mare dove Martina non riesce a
fare nulla di ciò che fanno i bimbi della sua età perché sulla sabbia non sta in piedi da
sola. Spesso chiede di salire sul passeggino di suo fratello e questo comporta
nervosismo e tensione da parte nostra e commenti insopportabili della gente.
Facciamo anche la visita fisiatrica e la dottoressa ci consiglia di riprendere le sedute
di fisioterapia consigliandoci anche dei tutori notturni e un’eventuale tuta Flexi con
tanto di pianti da parte di Martina perché i tutori non le piacciono davvero, sono duri e
scomodi, anche se per fortuna li deve mettere solo di notte.
Intanto, rientrati dal mare ed in piena crisi perché non capiamo che cosa abbia, mentre
alcuni dottori la descrivono semplicemente come goffa (“siete fortunati perché
intelligente”) e altri lo ritengono un problema solo di tipo psicologico (“magari lo fa
apposta per richiedere attenzione vista la gelosia del fratellino”), la vita sociale e la
sua autostima finiscono sotto terra.
“Vorrei fare i gonfiabili perché mi piacciono: li provo, anzi mamma cado e poi mi
spingono! Ho paura!”.
“Non mi piace più l’asilo, non mi piace più psicomotricità, io non entro nella piscina con
le palline, non ne ho voglia”.
“Ti prego, parcheggia al piano della strada e non in garage perché non riesco a fare
un piano di scale”.
“Mamma, non dire alla gente che non so camminare dì solo che sono stanca, per
questo uso il passeggino di Davide!”
La iscriviamo anche ad alcune lezioni individuali di nuoto, magari le fa bene questo
movimento, ma la portiamo coi pianti perché fa fatica a fare tutto. Va anche a cavallo,
riabilitazione equestre, un po’ più volentieri. E poi due volte alla settimana fisioterapia,
che non sopporta più. Troppa fatica ed esercizi difficili, quasi umilianti per lei. Che
magone vederla così triste e esausta!
Inizia intanto il terzo anno di Scuola dell’Infanzia e un pomeriggio di settembre 2016
all’Asl per il vaccino il dottore che la vede camminare in questo modo si rifiuta di
vaccinarla finché non abbiamo certezza che non abbia avuto un danno neurologico.
In quell’occasione il nonno paterno si ricorda di una sua cugina (figli di fratelli) che ha
avuto una malattia motoria e neurologica.
E da lì l’illuminazione!
La sera stessa chiamo questa signora che conosco a malapena e mi dice il nome della
malattia di cui soffre lei e sua figlia di 23 anni: DISTONIA RESPONSIVA ALLA LEVO
DOPA: inizia la speranza e le notti a cercare disperatamente qualche notizia in più
sulla distonia e soprattutto su questa forma di distonia, che è curabile. Poche notizie,
tanta speranza che si tratti davvero di questo.
Comunichiamo il nostro pensiero ai medici dell’Ospedale dove Martina si trovava in
cura, senza particolari riscontri e, a fine settembre 2016, in sedazione, facciamo la
risonanza magnetica che però dà esito negativo. Ci consigliano pertanto gli esami del
DNA che facciamo alla fine di novembre 2016 ma che saranno pronti solo a fine
maggio 2017 perché, sapete, ci vuole tempo per scomporre il DNA e risalire ad
un’eventuale anomalia cromosomica. Il giorno degli esami del sangue riusciamo a
trasmettere un video di come Martina “cammina” per così dire la sera a un dottore
specializzando: l’indomani ci viene comunicato che il nostro caso sarebbe stato preso
in carico dall’Istituto Neurologico Besta di Milano perché sono più specializzati in
questi tipi di malattia.
Nel frattempo, la bimba non cammina più autonomamente, ha bisogno di assistenza
a fare tutto, andare in bagno, vestirsi, salire sulla sedia, le scale, tutto! Le maestre ci
consigliano di ritirarla alle 13:00 perché è troppo stanca e ingestibile.
Il 16 dicembre 2016 ci visita il Primario di Neuropsichiatria Infantile al Besta e il 27
dicembre 2016 ci ricoverano. La dottoressa di turno in quei giorni (a cavallo tra Natale
e Capodanno) è professionale ma al tempo stesso piena di umanità. Le fa il prelievo
del liquor, la sonnografia, la TAC al cervello, oltre che il prelievo del sangue anche a
noi genitori.
Finalmente, visto che le analisi del sangue hanno tempi tecnici e vista la clinica,
considerato il dubbio sulla possibile distonia responsiva alla levodopa, il 28 dicembre
2016 le danno la prima dose di Sinemet.
Beh, già poco dopo, pur a letto per via del prelievo del liquor non trema più, le caviglie
sono più morbide e l’indomani si alza. Miracolo! Martina cammina, corre, salta, balla!!!
Non posso credere ai miei occhi! Non mi posso mai dimenticare la baby dance che
abbiamo ballato in ospedale! Martina era incredula: mamma, riprovo per sicurezza.
Mamma riprovo! Ci riesco!
E così, anche se con un po’ di effetti collaterali, anche se la dose ottimale non è ancora
definita, anche se dovrà assumere per tutta la vita il farmaco, Martina è tornata a
vivere, a fare tutto quello che i bambini della sua età devono fare con energia e allegria
impagabili.
Adesso quando andiamo al parco anche lei vuole correre come i suoi amichetti e fa
quasi tutto quello che fanno gli altri bambini: salta, corre, ha imparato a prendere in
braccio suo fratello, lo porta dappertutto, ha imparato a nuotare, a pedalare; e noi,
tutte le volte che la vediamo, ringraziamo la Scienza e anche Qualcuno lassù in Cielo.

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