La storia di Lucia

E’ proprio vero: la ricerca non si ferma mai, ed è nostro compito far sì che continui per
assicurare ad ogni paziente la speranza di poter guarire e vivere, con la serenità di
non far del male a nessuno, in primis a sé stessi.
Spesso mi è capitato di avere una crisi al lavoro e la situazione non è stata per niente
gradevole.
Il non capire come mai, improvvisamente, i clienti con cui stavo parlando, sparissero
e io mi trovassi circondata da tutti i colleghi presenti in filiale che continuavano a
chiedermi come stessi e mi invitavano a fare una pausa per prendere un po’ d’aria.
Leggere nei loro occhi qualcosa a metà tra il terrore di non sapere come gestire la
cosa e la compassione per la mia condizione di salute.
Tante analisi, tante visite specialistiche, sempre con la stessa diagnosi, senza
speranza alcuna. Tutti i medici mi ripetevano la stessa frase: “dall’epilessia non si
guarisce; bisogna solo imparare a conviverci, aiutandosi con una terapia
farmacologica adeguata” e ognuno di loro si sentiva autorizzato ad aggiungerne uno
o ad aumentare le dosi.
Con il tempo, lo stress e l’età che avanzava, notavo un peggioramento della malattia.
Gli episodi stavano diventando sempre più frequenti. Era arrivato il momento di dare
una svolta a questa situazione.
Il medico del Besta che mi ha presa sin cura mi tra trasmesso fiducia fin dal primo
incontro. Ho deciso di affidarmi al suo sapere e alla sua esperienza. Oggi posso dire,
iniziando questa nuova esperienza, di aver fatto la scelta giusta.
Il piano d’azione era individuare la zona interessata dalle crisi, la natura, la tipologia e
la durata delle manifestazioni. Cosa più importante, capire quale fosse la causa
scatenante.
Due settimane di ricovero, per gli accertamenti, con esami quotidiani. Tante
preoccupazioni e uno stato di insofferenza generale. Mai avrei pensato che l’epilessia
potesse manifestarsi in così tanti modi diversi, alcuni quasi impercettibili! Ci si trova
con persone che ti capiscono, che si raccontano, che trovano supporto nelle tue
parole. Persone che hanno bisogno di rassicurazioni e di trovare gente che, come
loro, ha vissuto sulla propria pelle gli stessi momenti di smarrimento e disagio. Poter
fare affidamento su professionisti che sapevano come confortarti e spronarti ad una
reazione positiva ti fa sentire più forte, pronta ad affrontare il passo successivo. Una
decisione che ti cambierà la vita, nel bene o nel male.Una telefonata e si fissa la data. Una delle più importanti della tua vita.
Cerchi di non pensarci più; ormai il dado è tratto. Non si torna indietro: o la va, o la
spacca. Eppure, fino alla fine, cerchi un piano-b, una via di fuga per poterti defilare
all’ultimo momento.
Arriva il giorno del ricovero. Ti premuri di salutare tutti e cerchi di non lasciare cose
non dette. Non sai se e come tornerai, d’altronde, ti sottoporrai comunque ad una
operazione delicatissima. La tua calma apparente maschera la tua rassegnazione.
Nella tua testa girano tutte le parole spese dai medici per illustrarti i pro e i contro della
scelta che hai preso. Quell’1% di probabilità che le cose non possano andar bene, ha
lo stesso peso di un macigno sullo stomaco e ti dici: “Con la fortuna che mi ritrovo,
vuoi vedere che quell’1% sarò proprio io?!”
Ecco, si scende in sala operatoria. L’atmosfera è serena e scherzosa. Si fa di tutto per
allontanare i brutti pensieri e distrarti il più possibile per non farti agitare.
Reciti l’ultima preghiera prima che l’anestesia faccia effetto.
Ti risvegli come dopo una sbornia. Testa frastornata, sensibilità epidermica assente e
quel dolore assordante come se avessi in testa un intero condominio di gente che
discute per le scale.
Una volta ancora, il supporto di medici, infermieri, operatori sanitari e delle nuove
amicizie createsi, ti danno la forza per reagire e rimetterti in piedi.
Ringrazio e benedico tutti coloro che hanno reso possibile l’inizio della mia seconda
opportunità di vita.

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