Una rilassata chiacchierata con la Dottoressa Giovanna Zorzi rappresenta l’occasione perfetta per scoprire maggiormente il punto di vista umano dell’attività di ricerca scientifica
Una rilassata chiacchierata con la Dottoressa Giovanna Zorzi rappresenta l’occasione perfetta per scoprire maggiormente il punto di vista umano dell’attività di ricerca scientifica
Da medico ma soprattutto da donna… in che modo potrebbe riassumere la sua esperienza nell’ambito della ricerca?
La mia storia è sicuramente particolare perché io sono la figlia della persona alla quale è stata dedicata l’associazione Zorzi. Mio padre era molto amico di una serie di medici come la Dottoressa Angelini, il Dottor Spreafico ed altri. Alcuni di loro frequentavano la mia casa ed ho avuto quindi modo di conoscerli quando ero bambina; nella fattispecie, la Dottoressa Angelini, che per me ha sempre rappresentato un preciso modello di riferimento, posso sicuramente affermare che abbia influenzato la mia scelta di occuparmi di neuroscienze. Lei è stata la persona che all’interno dell’istituto ha posto le basi per la cura delle distonie infantili. Quando mio padre è mancato ed è stato deciso di dedicare l’associazione alla sua memoria, questo ha sicuramente rafforzato in me l’idea di un percorso preciso nell’ambito della mia professione medica che, comunque già da qualche tempo avevo intrapreso.
Dai suoi inizi nell’ambito della professione, in che cosa si sente cambiata?
Quando si intraprende la professione di medico, se la si vive con responsabilità e coerenza, si vorrebbe sempre risolvere le cose, trovare le terapie per guarire i propri pazienti, in questo caso i bambini. Man mano che vado avanti, nonostante i progressi terapeutici siano sempre più potenti ed efficaci, personalmente mi accorgo che quello che chiedono i genitori e i loro bambini non è solo di essere guariti ma di essere… presi in carico, accolti da qualcuno! La distonia, essendo una materia piuttosto complessa, può disorientare per scarsa conoscenza chi ne soffre: l’approdare ad una struttura come la nostra è già in qualche modo “terapeutico”. Non posso dire che noi siamo più “bravi” ma… abbiamo più esperienza, sappiamo selezionare le terapie più adatte al momento giusto… e questa attitudine rappresenta il valore aggiunto per il quale le persone rimangono da noi.
In che senso “rimangono”?
Ci sono bambini che nel corso del tempo diventano adulti e continuano ad essere seguiti da noi! Pensi che io mi occupo di ex bambini che, a suo tempo, vennero presi in carico dalla Dottoressa Angelini e che adesso sono quarantenni! Sono persone che continuano a fare riferimento alla nostra struttura perché si sentono “accolte” nella comprensione della loro patologia.
La gente comune trova spesso sorprendente il distacco e la freddezza con la quale i medici affrontano il loro quotidiano, fatto di disagio e di sofferenza, riuscendo a scindere l’aspetto emotivo da quello meramente professionale. Una separazione che alcuni rilevano come una sorta di mancanza di umanità! Qual è il suo pensiero in merito?
Sicuramente, avendo a che fare coi bambini offrire un atteggiamento accogliente viene naturale: difficile rimanere freddi di fronte alla sofferenza di un bambino. Si è umanamente più predisposti anche perché, per entrare in relazione con quel mondo, aspetto fondamentale all’inizio, non si può risultare scontanti ed insensibili.
Che cosa si auspica per il suo futuro da ricercatrice?
Sono convinta dell’assoluta eccellenza dei nostri servizi e della totale abnegazione del personale che rappresenta l’Istituto Basta e l’Associazione Paolo Zorzi. Mi auguro che la nostra attività possa progredire sempre più, continuando in questo supporto ai malati di distonie. Attualmente sono allo studio nuove soluzioni terapeutiche che spero si possano concretizzare quanto prima, con il constante ed indispensabile supporto di chi crede nel nostro operato e ci supporta con entusiasmo.
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